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Colombi. Il governo vuole abolire la contrattazione. Non lo permetteremo

Fine degli annunci roboanti e delle illazioni giornalistiche: il disegno di legge di bilancio 2024 è approdato in Parlamento. Ora abbiamo un testo ufficiale su cui discutere.

 

Nel 2024 per il rinnovo dei CCNL del pubblico impiego sono disponibili 3 miliardi di euro da suddividere fra vari settori. Pertanto non è immaginabile che si possa avviare una trattativa seria sul triennio contrattuale. Altro che apertura dei tavoli a gennaio! Ma il governo questo lo sa benissimo. Infatti ha predisposto le cose per evitare di confrontarsi col sindacato.

 

L’art. 10 del DDL prevede che da gennaio 2024 l’indennità di vacanza contrattuale sarà incrementata automaticamente in base a un misterioso moltiplicatore partorito nelle segrete stanze di qualche tecnocrate senza il minimo coinvolgimento sindacale. Si tratta di un anticipo sui rinnovi. Nello stesso tempo, un decreto ad hoc stanzia un anticipo dell’anticipo che dovrebbe entrare nella busta paga di dicembre e fare in modo che i dipendenti pubblici non si accorgano della fine dell’una-tantum 2023. Un gioco di prestigio.

 

Finita la propaganda, appare chiaro che le risorse dei rinnovi contrattuali verranno distribuite a prescindere dai rinnovi contrattuali. Ovviamente salvo conguagli. Dei quali si parlerà – ben che vada – nel 2025, mercati finanziari permettendo.

 

Probabilmente era questo il vero obiettivo politico: depotenziare la contrattazione collettiva nel settore pubblico. Ma questa era la situazione del lavoro pubblico in Italia 50 anni fa, quando i contratti collettivi nazionali di lavoro nella P.A. non esistevano e il legislatore decideva a suo piacimento se e quando elargire l’aumento ai “servitori” dello Stato, fissando le priorità fra i diversi settori secondo l’opportunità politica del momento. Con pochi spiccioli e molte promesse si accontentava una classe di lavoratori umile e soggiogata che non aveva ancora preso del tutto coscienza del valore sociale ed economico del proprio lavoro.

 

Non ci stiamo. I lavoratori pubblici hanno lottato 50 anni per cambiare uno stato di cose ingiusto, verticistico e paternalista; hanno lottato per vedere riconosciuto il proprio ruolo nella società e per partecipare alle scelte che determinano il loro destino professionale. Non permetteremo a questo governo di portare indietro le lancette della storia.

 

La mobilitazione del pubblico impiego continuerà fino a quando il subdolo tentativo di restaurare la sudditanza del lavoro pubblico alla politica non verrà definitivamente sventato. Se pensano di comprarci con qualche mancia natalizia non hanno capito la nostra storia, la nostra cultura, la nostra idea di Pubblica Amministrazione e di lavoro pubblico.

 

Dalle piazze d’Italia faremo capire a questo governo che il passato non ritorna.

 

Sandro Colombi, Segretario generale UIL Pubblica Amministrazione

 

Roma, 2 novembre 2023